Gender, L’Orientamento Sessuale oggi

Il peso della sopportazione.

Una mamma angosciata mi chiede un appuntamento urgente in ambulatorio per parlarmi della rivelazione della figlia 14enne, che le ha confessato di “non voler più essere una donna!”

Al colloquio è presente da sola e tra lacrime e disperazione riferisce che è terrorizzata dalla vita futura di sua figlia, che dimostra una volontà ferrea e determinata nel voler cambiare sesso, desiderio che ha iniziato ad avere fin da quando ha avuto le prime mestruazioni all’età di circa 12 anni, quando ha iniziato la scuola della prima media.

Non si era mai accorta di nulla, non aveva notato segni evidenti di un disagio così grande, anche se, ripensando agli anni passati recentemente, ogni tanto notava alcune sue assenze quando era a giocare con più bambini, ma le interpretava come reazioni di dispetto e insofferenza verso qualche amichetta più prepotente nei giochi tra loro.

Oggi la figlia ha quattordici anni e su mia richiesta mi racconta la sua storia familiare a cominciare da quando ha conosciuto suo marito.

Di origine spagnola, apparteneva ad una modesta famiglia di artigiani di Madrid, dove un sabato sera ha conosciuto in una discoteca il futuro marito, che era in Spagna per lavoro.

Viene in Italia, si sposa e dopo un anno partorisce Elisa.

La bimba cresce bellissima, sana e con folti capelli corvini.

Nel tempo, dopo già sei anni di matrimonio, i rapporti interpersonali con il marito si deteriorano, perché lui conosce sul lavoro una collega, con la quale nel frattempo allaccia una relazione duratura.

In quegli anni la bambina cambia sempre più spesso umore per le tensioni continue tra i genitori, vedendo la mamma sempre triste e infelice, che nel frattempo e dopo tre anni dalla separazione ha trovato un nuovo compagno con cui vive più serenamente.

A quel punto le chiedo di poter parlare anche con la figlia per ascoltare dalla sua voce il reale disagio che vive.

Al colloquio, a cui è presente anche la madre, Elisa appare sicura di sé stessa, determinata e per nulla in soggezione per l’argomento affrontato, anzi mi chiede subito quale percorso deve affrontare per le terapie mascolinizzanti, essendosi già informata sull’argomento in internet.

Su mia sollecitazione mi confessa che il primo e più importante motivo di cambiare sesso è il desiderio di liberarsi dall’oppressione che sente nel dover subire e dipendere dagli altri per ogni suo desiderio solo a causa della sua “condizione femminile”.

Questa sua determinazione si è consolidata proprio al momento del menarca, “quando ha toccato con mano cosa significava esser donna”.

Di suo padre ha solo ricordi tristi, fatti di mortificazioni, condizionamenti autoritari rivolti soprattutto verso la madre, dalla quale pretendeva una assurda accettazione di convivenza con l’amante.

È palese il suo conflitto di sentimento di odio-amore verso il genitore, che le causa grande sofferenza, per cui evita di frequentarlo, perché lo giudica troppo autoritario anche nei suoi confronti.

È convinta che questo atteggiamento è generalizzato e rivolto dagli uomini solo verso i più deboli, come appunto le donne.

Inoltre, dal menarca, a differenza delle sue poche amiche con cui si è confidata, non prova nessun desiderio sessuale nei confronti dei maschi, anzi inizia ad avere fantasie verso le donne.

Emergono evidenti disagio e sofferenza psicologica verso il proprio sesso, caratteristica chiara e discriminante per una vera e propria disforia di genere.

A questo punto le spiego che il percorso che la attende verso la mascolinizzazione con la terapia ormonale di affermazione di genere per le persone transgender è lungo e che dovrà percorrerlo insieme ad una equipe multidisciplinare specialistica dedicata con comprovata esperienza nel supporto delle persone con Disforia/Incongruenza di Genere composta da psicologo, psichiatra, ginecologo, andrologo e chirurgo.

Criteri di inclusione sono:

• Diagnosi di disforia di genere/incongruenza di genere secondo i criteri DSM 5 (APA, 2013) o ICD11 (WHO, 2018), confermata da una equipe multidisciplinare e specialistica.
• Capacità di prendere una decisione dopo aver ricevuto esaustive informazioni e firma del Consenso al trattamento.
• Per i soggetti minori, consenso al trattamento di entrambi i genitori o da altri tutori secondo le normative attuali inerenti i soggetti minorenni (art. 3 della Legge n. 219/2017).

Le terapie ormonali sono gratuite grazie alla determina AIFA del 23 settembre 2020.

Fondamentale e delicato dovrà essere l’atteggiamento di comprensione e supporto della madre, dopo una presa di coscienza ragionata e sincera dei sentimenti di Elisa, la quale, volendo scegliere in autonomia, decide di attendere i 18 anni per iniziare il suo percorso di cambiamento.

Gender

John Money, psicologo e sessuologo neozelandese, nel 1975 definì il concetto di identità di genere di Robert Stoller, medico psichiatra, che nella sua opera Sex and gender (1968), concepì una teoria sullo sviluppo dell’identità di genere in contrasto con la bisessualità biologica sostenuta da Freud, “uno stabile e persistente senso di sé quale maschio o come femmina”.

L’identità di genere ha due componenti, di cui la più importante è l’immagine corporea di sé, mentre l’altra è il ruolo di genere, conseguente alla educazione, alla cultura e alle influenze sociali, come la famiglia (M. Molo et al. 20011).
Sono queste due componenti che differenziano il transessualismo dalla disforia di genere.

Il primo si lega alla accettazione ed alla approvazione del sesso assegnato, ma rifiutato.

Il secondo è legato al disagio, alla sofferenza psicologica del proprio sesso.

In entrambi i casi c’è dietro un disagio spesso familiare, dove le figure genitoriali sono in conflitto e ciò si ripercuote psicologicamente sullo sviluppo sessuale.

Quindi, se un soggetto non sente di appartenere al sesso assegnatogli, si può comprendere come venga assalito da disagio e inadeguatezza, cause di sofferenza psicologica, definita disforia di genere.

La disforia di genere non va confusa con uno degli effetti di disordine della differenziazione sessuale, nella quale lo sviluppo del sesso cromosomico, gonadico e/o fenotipico è atipico (Hughes et al. 2006).

In questo caso la differenziazione sessuale giunge al termine solo al completamento della fase puberale.

Oggi è da tutti accettata la tesi che nella nostra cultura occidentale esistono normalmente solo il sesso maschile e quello femminile e che quindi ognuno nasce anche con la propria caratteristica di personalità, condizionata e indirizzata dalla società, dalla famiglia, con la propria cultura sociale.

Nel mondo esistono esempi che spiegano identità di genere diverse da quelle assegnate biologicamente, come gli Hijras, comunità transgender nominata dagli operatori sociali pakistani khwaaja Sira in cui gli uomini si comportano come donne a causa della castrazione, che provoca loro impotenza.

In Asia meridionale gli Hijras adottano giovani ragazzi omosessuali che sono stati respinti, o che sono fuggiti dalla loro famiglia e per poter sopravvivere molti lavorano o si votano alla prostituzione maschile.

Un altro esempio è riscontrato da alcuni maschi domenicani, affetti da deficit dell’enzima α-reduttasi, scambiati alla nascita per femmine e allevati come tali fino alla pubertà, quando manifestano comportamenti maschili.

Il deficit di steroido-5-alfa-reduttasi 2 è una malattia rara autosomica recessiva che causa pseudoermafroditismo maschile, una condizione caratterizzata da differenziazione incompleta dei genitali maschili in pazienti, il cui corredo cromosomico è 46, XY.

Quindi esiste una predisposizione biologica ad impronta genetica strettamente legata alla influenza ambientale, condizionata psicologicamente dalla famiglia, dalla cultura sociale e religiosa (A. Fabrizi et al.2011).

Si comprende bene che l’identità di genere dipende quindi da molteplici fattori.

Per fissare i concetti della diversità di identità di genere che osserviamo nel transessualismo, nella disforia di genere e nel travestitismo, possiamo quindi sintetizzare così:

Il Transessualismo

Il Transessualismo è la condizione di una persona convinta per l’immagine corporea di sé di appartenere all’altro sesso, con la necessità di adattamento ormonale, anatomico, legale e psicosociale.

La Disforia di Genere

La Disforia di genere è data dal desiderio di appartenere all’altro sesso a causa di disagio, inadeguatezza con importante sofferenza psicologica.

Transmale e Transfemale

Oggi si usano i termini transfemale per descrivere individui assegnati maschi alla nascita, in base all’aspetto dei genitali, ma che poi si identificano come femmine, e transmale per quelli assegnati femmine alla nascita, che poi si identificano come maschi.

Il travestitismo

Il Travestitismo (Crossdressing) è una inversione di sesso superficiale per il desiderio di essere accettato come membro del sesso di cui il soggetto imita l’abbigliamento.

In questo caso la trasformazione è esteriore in un corpo che rimane maschio o femmina senza il bisogno di mutare il sesso, con il solo desiderio di fingere il ruolo maschile o femminile (crossdresser).

Le cure ormonali

Il 23 settembre 2020 lo stato italiano, attraverso l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha inserito i farmaci ormonali nell’elenco dei farmaci erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n° 648, per l’impiego nel processo di femminilizzazione e virilizzazione di uomini e donne transgender, previa diagnosi di disforia di genere/incongruenza di genere formulata da una equipe multidisciplinare e specialistica dedicata.

I farmaci impiegati per la virilizzazione sono testosteronici, mentre quelli per la femminilizzazione sono estradiolo, ciproterone acetato, spironolattone, leuprolide acetato e triptorelina.